giovedì 1 novembre 2012

Finalmente sto per prendere l'aereo. Nn ho prenotato nulla se nn il biglietto di andata; la mia destinazione: India. È difficile descrivere l'emozione che suscita questo paese per noi occidentali; forse la maggior parte di questi si limita a sognarla guardandone i documentari o a vagheggiarla come un luogo evanescente e irraggiungibile; gli altri partono per turismo, curiosità, per cercare un nuovo Santone o una nuova fede a cui aggrapparsi o per moda (che fa molto radical chic). La restante parte  è quella di coloro che amano il viaggio per quello che è: non una vacanza, non una fuga o uno svago, bensì un conoscere se stessi conoscendo il mondo. Un esperienza che forma e tempra nel tempo, nelle avversità, nei pericoli, negli incontri. È la passione per la scoperta, per la meraviglia del Creato e del simbolismo vergine e impenetrabile della natura; é amore per la sfida, il rischio, le avversità, il mettersi in gioco, il non conservarsi; Ma soprattutto un rito iniziatico. Al pari del pellegrinaggio il viaggio ha valore solo se possiede in se una funzione anagogica, che proietta verso l'alto, una funzione ascetica da cui il viaggiatore può solo uscirne migliorato. La capacita di prendere, mollare ogni cosa e partire è insita solo nella natura propria a chi è nomade nell'anima. Il nomade dimostra di non avere attaccamento per le cose terrene, e in questo è simile all'asceta; ma a differenza di quest'ultimo la sua è una via guerriera, perché a differenza della via contemplativa presuppone l'azione. Un azione tuttavia disinteressata e proiettata verso l'alto: Akarman come dicono in India, un'azione che non produce Quelle istanze che portano il Sé individuale a rinascere innumerevoli volte.  Ma è una via d'ascesi piu ardua perché priva di appoggi solidi e simboli di natura umana cui è facile schiuderne il significato profondo. 

Per quanto mi riguarda non so ancora se è nella mia natura il dovere di 'ritirarmi nel bosco' come suggeriva Junger, certo è che al momento sono molti i vincoli che ho scelto e che mi tengono attaccato ad un campo di lotta che contempli la stabilità spaziale; e se è vero come credo che il caso non esista, sarà il fato a mostrarmi il mio Destino, perché lo Spirito, come leggevo nei libri di Castaneda, si presenta di fronte al guerriero piu volte, e sta solo a lui scegliere se seguire la sua natura o agire nel sovvertimento di ogni ordine e armonia (gerarchia, ieros archè). 
Scoprire se stessi e la propria natura è il compito fondamentale di un uomo che non voglia 'sopravvivere' unicamente nell'adempimento dei suoi bisogni istintivi e semplicemente animali. L'uomo e la bestia si differenziano solo in questo: chi vive per mangiare, dormire, riprodursi e morire non ha vissuto affatto. 
Devo comunque ammettere che ad un certo punto mi si presentó l'atavico nemico del guerriero, l'unico che può seriamente compromettere la sua vittoria finale: il dubbio. Un po' per comodità, un po' per calcolo personale, cominciavo a chiedermi se non fosse 'meglio' una meta piu semplice e vicina, soprattutto trattandosi della mia prima esperienza di questo tipo. Ma alla fine dissipai i miei attaccamenti meschinamente terreni e confermai l'india. Se un guerriero non è avventato nè imprudente non deve nemmeno aver timore delle sue scelte una volta valutate e intraprese. 

11/10
Non ho difficoltà a credere che la Qatar Airways sia la miglior compagnia aerea del mondo; anche in economy il viaggio è piacevole e il servizio eccellente. Faccio la conoscenza di un italiano diretto in Thailandia. Ci separiamo dopo breve tempo mentre la mia mente Già vaga come una scimmia tra gli alberi, credendo di poter passare la lunga notte che mi attende in compagnia. Il distacco e la sensazione provata, mi fa capire che il viaggio non può essere che solitario. Conoscere tante persone diverse e distaccarsene tempra il non attaccamento. Avversità nessuna, tutt'altro: Gia preparato psicologicamente per farmi 21 ore di attesa in aeroporto per lo scalo nel Qatar, la compagnia mi offre gratuitamente di passare la giornata in un hotel di lusso piu un visto di un giorno per visitate la città.

12/10
mi sono soffermato molto a pensare al motivo del mio viaggio: c'è chi potrebbe pensate si tratti di una fuga: dalla famiglia, dai problemi quotidiani, dal lavoro, dalla fidanzata, da questo mondo malato che chiamiamo moderno, una fuga da tutto verso la natura alla 'into the wild'. Ma questa non potrebbe che essere la via piu semplice, e il guerriero non sceglie mai la piu semplice, solo quella giusta, eriche nelle sue decisioni non compare la voce dell'interesse personale o della viltà. Come qualunque rito o iniziazione, il viaggio ha la capacita di concedere un miglioramento, sia spirituale che animico, a chi lo compie, a volte inconsapevolmente. Tanto egli possiede un cuore puro e scevro dalle impurità di falsi miti del mondo, tanto questo viaggio sarà per lui fecondo in questo senso. La condiZione necessaria è la predisposizione al vero viaggio. 
Riflettendoci su non mi interessa fare il barbone per fare l'alternativo o uno degli 'hippie del 2000 che infestano soprattutto l'india; non mi interessa atteggiarmi a indiano, rinnegando la mia razza e la mia cultura per un non si Sa quale senso di rigetto per se stessi; ne vedere i monumenti o gli animali esotici per poter fare le foto alla turista valtour. A me interessa il viaggio in se; forse un titanico senso di avventura, forse lingenuo sogno di conoscere qualche autentico e qualificato maestro spirituale in mezzo al marasma di santoni e imbroglioni che la modernita ha portato con se in questi luoghi. Sono partito sapendo cosa non volevo, sto viaggiando cercando quello che voglio.

13/10
Come se nn fosse abbastanza l'hotel gratis e il giro turistico nel Qatar il mio biglietto non funziona per qualche motivo e mi viene cambiato con uno che scopro poi essere do prima classe! Penso, tutte queste fortune insieme non possono che essere preannunciare una dirà prova; regali che lo Spirito concede per far abbassare la guardia al guerriero. Cosi è: infatti poco prima di atterrare mi accorgo di non avere piu il telefono, dove furbamente avevo registrato ogni cosa del mio viaggio. Il viaggio per me può dirsi virtualmente chiuso, e giá pianifico un ritorno immediato a casa che Sa piu di sconfitta. Ma lentamente la disperazione del momento si allontana e il distacco ha la meglio: la mente è lucida, e già pensa a come proseguire ugualmente il viaggio senza quel semplice oggetto che in definitiva non può impedire un viaggio, tanto piu che l'uomo ne ha potuto fare a meno fino a 20anni fa.  I pensieri, cosi come le azioni, hanno reazioni positive nel karma di ognuno, cosi come insegna la sapienza tradizionale cinese, e infatti ecco rispuntare il cellulare Da sotto la poltrona dopo aver guardato ovunque. 
Arrivo alle 3 di notte, passo le piche ore che m separano dallalba organizzandomi. Prendo un taxi he mi porta ad un centro turismo, che troppo tardi scopro essere un'agenzia che praticamente mi organizza meta viaggio. Come i classici turisti in calzoncini e macchina fotografica, faccio un pacchetto 'all inclusive' spendendo praticamente tutto il mio budget. Riflettendo pero capisco che il voler fare il viaggiatore indipendente non è il mio obiettivo principale quanto piu che altro mettermi alla prova, e questo tipo di viaggio non è privo di rischi (come avrò modo di constatare). Mentre attendo il mio treno per Jaisalmer delle 5:30pm mi faccio un giro per Delhi con autista. Dalla mia auto vedo il mondo che mi si presenta attraverso un finestrino e mi sembra di non vivere e assaporare realmente la vita cittadina. 
In giro tutti chiedono soldi ad ogni metro e la mia risolutezza viene meno assieme alla compassione in senso buddista. Imparo a dire di No, seppur gentilmente e il fastidio si trasforma in fascino; ora persino le persone sembrano lasciarti in pace e sorriderti. Il cambio avviene nel Lotua Temple; sebbene questi sincretismi privi di qualsivoglia valore reale e autentico dal sapore avvilente e democratico non mi piacciano e nel fervore sincero e puro di un bimbo che prega al fianco del padre, che ritrovo la gioia di stare qui e ora. I bambini indiani hanno tutti l'incredibile dote di apparire belli e puri. All'uscita una scolaresca intera mi vuole stringere la mano salutandomi con perentori 'hello!' ora riesco a vedere con occhio distaccato i pregi della città: è incredibilmente pulita e verde, piena di enormi ed imponenti monumenti dal sapore orgoglioso, di un popolo che nel progresso industriale non rinuncia alla sua identità e alla sua arte. È divertente vedere ogni genere do meZzo in strada che si intrufola nel traffico con fare temerario senza mai scontrarsi con altri. Rischiamo di perdere il treno, e tutto il programma rischia di essere compromesso prima ancora di cominciare. Dopo una corsa folle con 8kg di zaino ci riusciamo, saluto l'autista e mi preparo psicologicamente per 17ore di treno. Se ne uscirò vivo probabilmente ne uscirò trasfigurato nel bene o nel male. 

14/10
Contro ogni previsione il viaggio so rivela tranquillo e piacevole. Ad attendermi trovo un letto, e non una poltrona come avevo immaginato, in una cuccetta che divido con due ragazzi indiani e una australiana. Passo la notte co un po' di mal di schiena e mi sveglio con la luce el sole che splende sulla roccia dorata Della steppa rajastana: segno che siamo vicini alla 'città del deserto'. Con un'ora si ritardo arriviamo, la folla ci assale, ma forte dei consigli dell'autista di Delhi rifiuto tutto e non credo a nessuno, seppur con una certa apprensione. Faccio bene; ad attendermi l'autista dell'albergo con il mio nome ( o qualcosa di vagamente simile) su un cartello. Il mio primo viaggio in tuk tuk, una specie di ape adattata al trasporto persone, é traumatica: stipati in 8 su 4/6 posti reali tra le viuzze sconnesse del  deserto. Non posso cominque non rimanere affascinato dallaspetto della città; i suoi colori, i carretti condotti da cammelli, l'architettura. Tutto ha il sapore di una terra di confine. A pranzo conosco un ragazzo koreano e insieme giriamo la città

15/10
Oggi finalmente ho la possibilità di visitare il famoso forte di Jaisalmer che la sera ho potuto ammirare dalla terrazza dell'albergo. Svetta sopra un'altura rocciosa maestoso, sovrastando ogni cosa nel raggio di di chilometri e chilometri. 
Visito un complesso di templi jainisti all'interno del forte e la mia attenzione non può non ricadere su un gruppo di occidentali che fotografano  le immagini sacre. Non che sia un'iconoclasta, ma mi pare quantomeno irrispettoso mettersi a fare foto all'interno di un luogo di culto; ma questo non sembra preoccupare gli 'holy men' del luogo che forse sono ormai piu preoccupati alle laute mance che gli europei sanno dare in cambio di chiudere un occhio alla loro insana pratica, che al custodire la sacralità del loro tempio.
Sembrerebbe che alcune persone vadano nei luoghi solo per farci le foto. Entrano ed escono senza neanche vedere veramente quello che guardano. Vogliono solo avere un album da riguardare a vacanza finita per rimpiangerla, quando non hanno avuto modo di goderaela quando erano li, il che è cosa priva di senso, o per far invidia agli amici. Il turista fa la vacanza che é svago ed esercizio fotografico, il viaggiatore assapora il momento. 
Isto facendo pochissime foto da quando sono qui. Semplicemente perché una foto non potrà mai riprodurre le emozioni, le sensazioni e le energie di quel momento,e solo chi le vive può conoscerle. Le poche foto che ho fatto sono per soddisfare la curiosità dei pochi che mi chiederanno cos'è l'india. Probabilmente sorriderò pensando che non si puó rispondere ad una domanda del genere, nè le foto potranno, ma forse questo è sufficiente a coloro che non decideranno mai di partire...

16/10 il safari nel deserto è rilassante e il panorama offre possibilità di riflessione incredibili. Ora capisco ció che intendeva Nietzsche; questo luogo impone il silenzio interiore come nessun altro al mondo. Purtroppo non sono solo e con me c'è una variopinta compagnia da tutto il mondo e finiamo per buttarla su un tono piu conviviale. Passiamo la notte sotto il cielo incredibilmente stellato attorno ad un falò improvvisato. 
Il giorno dopo la camionetta che ci ha condotto tra le dune ci riporta verso la civiltà:  Guardare dietro, osservare la lunga strada dritta che si allontana dal deserto tra la steppa, il cielo plumbeo e omogeneo, e intorno nulla tranne la natura, dona un senso di infinitezza, il simbolo di Una strada verso l'ignoto, il limitato infinito della manifestazione...

Quanto sembrano piu lunghe le giornate quando si è in viaggio. Le giornate sono piu intense e ogni momento è diverso dall altro, ogni esperienza nuova. Sono via da soli cinque giorni e Gia mi sembra passato un sacco di tempo; due mesi cosi sarà come vivere un anno a Roma 

Attendo in albergo in compagnia del mio amico koreano; è il momento di separarci e questa volta lo faccio con gioia pur sapendo che probabilmente le nostre strade non si incroceranno di nuovo. Il segreto del non attaccamento non è essere schivo per essere un solitario, o non legare durante il viaggio per non dover sopportare il commiato, ma é all'opposto esser capaci di legare e stringere vere amicizie e poi separarsene con gioia, senza quel meschino desiderio di possesso che caratterizza i legami affettivi al giorno d'oggi. Del resto il vincolo spaziale fa parte di un piano tanto basso da non poter ostacolare o limitare minimamente  un vero rapporto quando questo non soggiaccia alle medesime leggi materiali.
Prendo il treno ma all'arrivo (11pm) nessuno ad aspettarmi. Sono quindi costretto ad acconsentire a pagare un tuk tuk circa cinque volte di piu per farmi portare in hotel. Domani andrò a visitare jodpur, anche se da quello che ho potuto vedere venendo in albergo la città è tremendamente sporca; spero solo che la città vecchia, la celeberrima 'città blu', abbia conservato il fascino che possedeva prima del degrado che chiamano 'civilizzazione' e che sappia concedermi epifanie di pura e rigorosa bellezza, cosi come ha fatto Jaisalmer 

17/10
La mattina mi sveglio di buon ora; prima il caldo soffocante poi il freddo non mi danno pace durante il sonno. Mi sveglio con la fretta di visitare la città, forse sapendo di non aver molto tempo. Leggendo un libro di Conrad rifletto sul significato di tenere un diario, o comunque appuntarsi qualcosa mentre si é in viaggio; non è un sussulto d'egotismo,  non desidero che le memorie del mio viaggio raggiungano gli angoli remoti della Terra, o mi sopravvivano nel perenne archivio della rete. Il fatto che le posti su un blog deriva dal fatto di esser sicuro che anche a distanza di anni, potrò ritrovare tutta la raccolta delle mie annotazioni, viaggio dopo viaggio, e constatare i miei cambiamenti, rileggere le mie esperienze. Altri potranno leggere è vero, ma non potranno mai ripescare dal cuore e dalla memoria l'esperienza di chi è stato in cammino.

Giornata intensa. La mattina cammino tutto il giorno tra le ripide salite del maestoso forte di jodpur; una cosa pazzesca, se il forte di Jaisalmer era bello per la sua simbolica posizione di sentinella della civiltà, quello della città blu colpisce per la sua grandiosità. È immenso e svetta su un'altura altrettanto maestosa. Dopo faccio un giro con tuk tuk nelle altre attrattive del posto, ma sono soldi buttanti. L'ubica cosa d esser vista in questa città è il suo forte e il panorama che può offrire sugli edifici cerulei della zona antica. 
Ora sto andando a Mandor una cittadina vocina con un complesso di templi non indifferente, a detta della guida.

La visita a Mandor, l'antica capitale, è stata interessante; il sacro e il profano si confondono allegramente nelle opere folkloristiche della religiosità popolare. I cenotafi degli antichi regnanti, campo di gioco di un esercito di allegre scimmie, sono lasciati allo sbando, senza cura nè manutenzione, eppure riescono ugualmente a trasmettere quel loro silenzioso e autoritario fascino. La sera, aspettando il mio bus per Udaipur ho avuto modo di assistere ad una festa in piazza che pare - mi spiegano - i bambini della città amano celebrare ogni sera. Ora mi attende il mio primo viaggio in pulmann e sinceramente sono preoccupato, dato che la mia amica cinese mi ha confermato ci vogliono 7 ore per raggiungere la 'città bianca'. Spero di essere smentito perché altrimenti mi aspetta una lunga e scomodissima notte

18/10
Ancora una volta i miei timori sono infondati; i pulman In India sono organizzati per le lunghe tratte molto meglio di come lo sono in Italia: cuccette con tendine e via filato fino alle 5am, quando i soliti tuktuk drivers mi estorcono una cifra dieci volte maggiore, data l'ora notturna, per raggiungere l'hotel. Dal roof restaurant dell'albergo la città appare magnifica.  
L'epiteto di  'Venezia dell'Est' non gli va largo: le strade sono pulite, colorate, ricche di vita  e profumano di incenso, e il mio naso ringrazia finalmente. Il variegato mondo di odori che spira dai favolosi luoghi di culto si confonde con le spezie della cucina tipica. Visito subito il famoso palazzo della città, un immensa e candida costruzione  che si affaccia sul grandioso lago Pichola, il primo lago artificiale della storia. Il panorama che il palazzo offre sulla città è tanto suggestivo che non saprei dire se sia la vista o l'olfatto il senso soddisfatto maggiormente. Il caos del traffico invece regna sempre sovrano in quasi tutte le città dell'India, sto scoprendo mio malgrado; gia dalle cinque del mattino la gente comincia a clacsonare impazzita. Ma la sua candida bellezza è innegabile: sebbene Jaisalmer mi sia entrata nel cuore è Udaipur la vera perla del Rajastan
 
Da non rifare: andare in giro in tre con una moto nel traffico indiano alle 6 del pomeriggio per farsi portare in un posto che chiude alle 5... Comunque sia ci ho guadagnato almeno una bella sciarpa e una camicia di lino su misura a un prezzo che in Italia neanche ti danno il fazzoletto da taschino. 
Mi hanno detto che stasera c'è un festival per le strade cui tutta la popolazione parteciperà, me compreso ovviamente, sebbene cittadino pro tempore

Il festival vengo a sapere durerà una settimana, tutte le sere. Non ho ben capito chi o cosa fosse celebrato, ma tutt attorno, tra le luci degli addobbi pacchiani e tipici delle feste popolari - caratteristica amplificata dal fatto di essere indiana - comparivano rappresentazioni  incensate di Krsna (o almeno credo). Bimbi che sfilano sorridenti, agitando dei bastoncini di legno da far suonare tra loro; ragazzi e ragazze che ballano gli uni di fronte alle altre, scambiandosi colpi di bastone a ritmo di musica, e intorno l'intera folla cittadina a guardare curiosa.  Ho comprato anche un biglietto della lotteria con in palio un bruttissimo motorino indiano, per far contento un ragazzino che fa del suo meglio per essere impeccabile nel ruolo che gli è stato affidato. Regalo il biglietto ad un ragazzo indiano che mi offre un giro nel countryside per  200rs, giusto il costo della benzina.

19/10
Dopo aver visitato praticamente tutto del centro della magnifica, oggi sono libero di girovagare senza meta.  Mi incontro col ragazzo indiano con abbondate ritardo. Ritardare ad un appuramento cui ci si era messi d'accordo è come tradire la parola data, un atto che in altri tempi - quando per un impegno non era necessario un contratto ma semplicemente una stretta di mano -sarebbe costato l'onore di colui che tradiva il suo impegno verbale. Insieme giriamo in moto e ci diamo nuovamente appuntamento alle 5pm per visitare al tramonto il Monsoon Palace, a 7km sulla cima di una collina fuori città. Ancora una volta è in ritardo, ma le conseguenze sono effettive; la strada per il palazzo chiude e io non potrò visitare il palazzo. Poco male, poiché ad infastidirmi è ancora una volta la sua mancanza di buona condotta. 
Ci diamo appuntamento la sera al festival per uscire la sera. Dopo aver cenato con uno degli inglesi conosciuti nel deserto di Jaisalmer mi reco al festival: di lui non c'è traccia, forse per il fatto che mi deve ridare 350rs, parlandomi del rapporto tra fiducia e Dio... Io tendo a fidarmi delle persone, ma come posso con uno che mi da indizi cosi evidenti di non tenere alla sua parola?

20/10
Faccio il checkout in hotel, scopro he il mio posto in treno non è confermato, ho un po' di timore per l'ennesimo scherzo che mi ha rifilato Ahmad dell'agenzia di Delhi. Decido di girovagare, sperando di ritrovare il negozio del mio amico per farmi ridare i soldi. Incontro per strada l'americano di Jaisalmer e insieme giriamo tutta la mattina senza meta, cercando di cogliere la vera vita cittadina, di là dalle fittizie maschere degli imbonitori per turisti. Quando ormai perdo le speranze riesco anche a trovare il negozio dell'indiano che a malincuore mi rida 300rs; non potrò mai saperlo ma non credo che se fossi rimasto in città sarebbe venuto a ridarmeli di sua volontà. 
Saluto l'indiano promettendogli di fargli da guida in Italia, e poi saluto l'americano, sapendo di incontrarlo di nuovo in una delle tappe obbligate del turismo occidentale nel subcontinente. Il treno è confermato; mi reco alla stazione e prendo il primo treno che mi indicano, non sono sicuro sia quello giusto, ma dal volto del controllore deduco sia tutto in regola. Speriamo di trovare l'auto dell'albergo al mio arrivo nella prima sera.
 
21/10
Sbaglio uscita e non trovo l'autista, chiamo l'albergo e alla fine lo trovo. Mi porta in un albergo arroccato su una collina, nella città Santa di Pushkar. L'albergo è decisamente un cinque stelle per gli standard cui sono abituato: ci sono lenzuola pulite e asciugamani (Gia la sola presenza é un salto di qualità), saponetta e scarico funzionante nel bagno, A.C., ventilatore e addirittura il frigo bar! La mattina mi sveglio per la prima volta senza il rumore del caos cittadino, degli agitati che strombazzano alle 5 del mattino; rimango seduto sul letto a contemplare il silenzio: è meraviglioso ascoltare il solo cinguettio degli uccelli in lontananza. Dopo colazione mi siedo in balcone ( perché la mia stanza ha pure un balcone di un metro quadro circa); il New Park hotel è all'interno di un giardino di rose, e a perdita d'occhio solo le montagne lussureggiati e panorami tanto diversi da quelli aridi del Rajastan. Potrei stare tutto il giorno seduto qua ad estasiare i miei sensi, ma mi aspettano ore di cammino tra le colline per visitare i luoghi di culto tra i piu venerati dell'India. 

Uscito dal l'albergo vengo preso e portato presso un ghat, le banchine dove gli induisti vengono da tutta l'india per praticare le abluzioni nel sacro lago creato da Brahma. Li un brahmino, abbastanza credibile, mi purifica con una cerimonia, dietro ovvio ed esoso compenso, che dovrebbe portare fortuna a me, alla mia famiglia, e ai miei figli. Tecnicamente i riti quando sono officiati nel modo giusto e attraverso  un lignaggio ininterrotto e ortodosso hanno valore indipendentemente dal uomo che in quel caso rappresenta una determinata funzione sacerdotale. Quindi lo ringrazio e mi avvio al famoso tempio di Brahma, uno dei pochi al mondo. Visita interessante ma niente di eccezionale; per quanto mi senta colpito dal fervore devozionale del popolo indiano non riesco ad assorbire appieno le vibrazioni che dovrebbe trasmettere la pratica exoterica. 
Ben altra cosa in effetti è la visita al tempio della consorte del Dio. È situato su un picco a due ore di cammino dalla città. Solitario e apparentemente inaccessibile; la sua posizione lo esula dalle visite quotidiane dei piu, coloro che si recano nei templi per ricevere favori. Raggiungere il tempio di Savitri è probabilmente la miglior prova di azione disinteressata - priva di ricompense e attaccamento ai frutti - che il popolo di Pushkar può fare.  Il tempio è dedicato ad una divinita minore che difficilmente potrebbe ricompensare adeguatamete i fedeli per lo sforzo fatto per raggiugerne la dimora. Eppure i pochi che salgono lo fanno comunque, semplicemente perché va fatto. La dea spesso è identificata con Sarasvati che è anche la deificazione di Shakti, venerata dai guerrieri. L'ascesa è infatti una prova guerriera, ma pericolosamente titanica se non effettuata con il giusto stato d'animo, quel distacco che deve tenere anche l'alpinista che conquista un'importante vetta. Mentre ascendo vedo ovviamente pochissimi turisti - troppa fatica - e molti anziani e uomini con intere famiglie e bimbi in braccio. Salgono con calma ma senza desistere, con gioia, e non dubito neanche per un momento che alcuni di loro possano compiere tale fatica anche tutti i giorni. Mentre salgo gli enormi gradini dell'ultima scalinata penso che l'ascesa stessa è già un cammino di purificazione in preparazione della visita alla dea, un pellegrinaggio.
 Qualche scimmia arrabbiata ci ostacola gli ultimi metri; è sufficiente un po' di pazienza e la strada è libera. 
Questa è la mia prima ascesa in solitaria; per quanto non si tratti nemmeno di una montagna bensì di una collina, mi accorgo di quanto sembri piu faticosa quando si è completamente soli. Forse è per questo che coloro che desideravano elevarsi ad un livello piu-che-umano si sono sempre riuniti in ordini ed élite: 
Come quando si è in cordata nell'alpinismo, ognuno è di aiuto al compagno in difficoltà per conquistare insieme la vetta al di là  dell'individualismo.

Faccio un'offerta alla dea che per me è l'aspetto shaktico dell'Assoluto, la Matrice primordiale, l'aspetto cui guerrieri e cavalieri di ogni tempo e luogo si sono votati fino all'estremo sacrificio. Dedico il mio sforzo e la mia ascesa ad ella e mi siedo su una roccia contemplando la distesa semi desertica e le colline alberate puntellate di remoti e candidi templi. Ogni volta che vedo il mondo da una vetta capisco che l'uomo è fatto per stare in alto: da quassù egli vede l'insieme, è lontano dai piccoli problemi particolari del mondo comune e contempla ciò che sta in basso con il distacco assoluto di chi ha trasceso quella parte animale che è nel l'uomo 

22/10
Quando si viaggia si perde la cognizione del tempo e dello spazio. Sembra quasi che le regole fisiche del mondo diventino più flessibili, si relativizzino, o meglio si mostrino per quel che sono. La vita quotidiana e cittadina tende a far perdere nell'uomo quella capacità di riconoscere l'aspetto qualitativo del tempo e dei luoghi che sperimenta. Nella vita di tutti i giorni ogni momento é uguale all'altro e ogni posto indifferentemente anonimo, come se la propria vita viaggiasse su una linea retta indefinita, senza alcuna destinazione e mossa per inerzia. Complessivamente credo di non aver mai vissuto dieci giorni così intensamente.

Ajmer è forse la città meno indiana che abbia visto finora. Sebbene il traffico, i clacson assordanti e le mucche la tradiscano, l'influenza musulmana qui è evidente. Pochi parlano inglese, tutti vestono abiti di costume mediorientale, e gli uomini hanno le teste coperte da fezz dalle fogge disparate. Nessuno che viene a disturbarti per intrattenere un dialogo di circostanza per poi tentare di vedere qualcosa. Tutti se ne stanno per i fatto loro. 
Ce una processione di forte ad una piazza, con tanto di tamburi e esercito, mentre un inimmaginabile fiumana di persone scalze si ammassa attorno ad un imponente varco decorato con simboli dell'iconografia islamica; capisco di aver raggiunto la tomba del santo sufi che stavo cercando. 
Un sudi si offre di guidarmi all'interno, non che io apprezzi particolarmente perché le guide tendono ad essere sempre troppo sbrigative ma non avendo capito in principio le sue intenzioni mi lascio guidare. La sua saggezza e grazia traspare dai modi e dalla sua voce. Il suo inglese stentoreo é più che chiaro alle mie orecchie, così vicine alla via esoterica del sufismo. Mi conduce verso ogni luogo del complesso: la moschea, i giardini e infine si ferma di fronte all'ingresso della tomba,  chiedendomi di pregare per il paradiso all'interno. 
Mi sento pronto, ma niente può prepararti ad una calca di indiani in una stanza colma di incensi forti odori di fiori, aria irrespirabile da tanto profumo, drappi in velluto e gemme sul tetto, mentre petali di fiori rosa piovono da tutte le parti, lanciati da tutti quelli che provano ad avvicinarsi al sepolcro del santo. Esco a fatica, spingendo e strattonando. Il caos e la fretta non sono stati sostegni utili alla contemplazione, eppure, al di la dell'agglomerato di energie psichiche creato dai tanti fedeli, si percepiva una certa vibrazione sattvica, una potenza armoniosa e stabile, che mi spingeva ad avvicinarmi al sepolcro. Istintivamente mi giro sulla destra e mi accorgo che gli unici che traggono realmente potere da quel luogo sono i maestri sufi che,  in disparte e agli angoli della sala, recitano preghiere come mantra. L'empita forza che mi spingeva  si acquieta, e lentamente acquisto quella calma degna del luogo in cui mi trovo. Quindi esco e seguo il sufi fino all'uscita che mi ringrazia immobile e mi lascia uscire senza chiedere nulla in cambio seppur io volessi. 
Questo episodio è stato profondamente significativo per me; primo,  perché ho potuto mettere a paragone le due vie - quella brahmanica e sufica - e constatare come la libertà e apertura assunta nei secoli dalla via indoaria l'abbia degenerata profondamente, se non nella razza, nello spirito. L'Islam, frutto dell'ultima rivelazione, è già per logica la meno degenerata dal tempo, quindi la più corretta, inoltre se Dio ha ritenuto rivelarsi per l'ultima volta tramite la voce del Profeta significa che l'umanità abbisognava di un nuovo linguaggio, adatto ai tempi, di quella Tradizione primordiale che gli illuminati di ogni tempo e luogo predicano immutata. Il sufismo è forse l'unica via qualificata rimasta all'uomo del Kali-Yuga, e mi sembra di capirlo ora in questo santo sepolcro. 

Ora mi sto avviando in treno verso  Jaipur, e poi saluterò definitivamente l'arido Rajastan, che mi ha fatto vivere esperienze ed emozioni uniche al mio primo impatto con l'India. 

23/10
Mai fidarsi delle apparenze; quel che sembrava il primo hotel moderno in stile occidentale si rivela poi essere forse il peggiore. Non so effettivamente se dia peggio un albergo che manca di tutto, come quello dove ho soggiornato a Jaisalmer, pero carino e confortevole, o uno attrezzato ma le cui comodità sono per la maggior parte rotte. Televisore ultrapiatto non funzionante, doccia rotta con conseguente 'esplosione' alle 7am circa, lenzuola sporche, scarico del water con poca pressione, AC nn funzionante, attesa di un'ora per cenare, nessuno nell'albergo che parli inglese decentemente. Ma va bene; come mi ha detto il sufi ieri mattina: 'take it easy'. 

Il terzo polo turistico dell'India, dopo Delhi e Agra non offre poi cosi stimoli dal mio punto di vista. L'unico monumento degno di nota è un forte -  ogni città indiana ne ha uno, anche la più sfigata - arroccato su una serie di alture collegate da una cresta su cui son state erette imponenti mura, un po' stile muraglia cinese in stile indiano che affaccia su uno sterminato panorama e dei giardini sul lago; pazzesco. 

Al mio rientro in albergo trovo la stanza tutta pulita e perfetta e uno dei ragazzi con il cellulare in mano, diretta col capo che parla perfettamente italiano e che si vuol sincerare della perfezione del mio alloggio. Evidentemente il mio modo disinteressato di fronte ai problemi avvicendatisi ha Tratto in inganno i dipendenti, credendomi arrabbiato o peggio. Il consiglio del sufi si è rivelato 'provvidenzialmente' efficace: forse lamentandomi e inveendo contro il mondo non avrei ottenuto lo stesso risultato,  sprecando inoltre energia in quantità.